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Il logo è morto? Oggi non basta più per costruire un brand

Per anni il logo è stato il re del branding. Oggi, però, non basta più. In un mondo iper-visivo e saturo di segni, il logo ha perso il suo trono per diventare parte di un sistema molto più ampio: esperienze, emozioni, linguaggi e relazioni.

Dal mito del logo al branding contemporaneo

Abbiamo passato decenni a studiare i loghi di Nike, Apple o IBM come reliquie sacre del design. Bastava un segno grafico semplice, potente e memorabile per rendere un brand riconoscibile. Ma quel mondo non esiste più.

Oggi vediamo centinaia di loghi ogni giorno. Tutti ben disegnati, molti simili, pochissimi davvero unici. Anche quelli più memorabili possono essere copiati o reinterpretati.

E allora, cosa resta del logo?

Il logo è solo un tassello di un ecosistema

Designer e teorici lo dicono da tempo:

  • Michael Bierut (Pentagram): il logo è solo “una piccola parte di un sistema molto più grande”.
  • Debbie Millman: il branding è emotional storytelling, e il logo è un nodo della rete.
  • Martin Lorenz: i sistemi visivi devono essere dinamici, modulari, flessibili.

Oggi non basta più un segno. Serve un ecosistema di branding coerente, capace di adattarsi e di parlare attraverso diversi canali e linguaggi.

I brand che ci insegnano la lezione

Pensiamo a Spotify, Dropbox, Instagram. Certo, hanno loghi riconoscibili. Ma la loro forza non sta solo lì:

  • nei colori e nelle interfacce,
  • nei suoni e nelle esperienze utente,
  • nel tone of voice coerente,
  • nell’abilità di creare connessioni emotive.

Il logo funziona solo se inserito in un brand system vivo e flessibile.

Dal segno al linguaggio

Come scriveva Wally Olins, il brand è un insieme di aspettative, emozioni e relazioni. Non serve più un segno perfetto: serve un linguaggio visivo e verbale coerente, capace di vivere ovunque — da un carosello Instagram a una notifica push, fino a un’interazione vocale.Il futuro del branding non è più il logo. È la capacità di costruire un’identità riconoscibile e dinamica, capace di adattarsi senza perdere consistenza.

Conclusione: il logo è morto, lunga vita al brand

Il logo non è scomparso, ma non è più il protagonista assoluto. Oggi è un tassello di un linguaggio più grande, fatto di esperienze, emozioni e dettagli che creano relazione.Il branding contemporaneo non si riduce a un segno grafico: è un sistema vivo, flessibile e relazionale.

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